Nel 1452 Malatesta Novello, signore di Cesena, fondò all'interno del convento di San Francesco la biblioteca che da lui prese il nome, facendo proprio il progetto dei frati di costruire una libraria ad uso del loro studium.
Per dotare la sua biblioteca di un corredo di volumi adeguati e consoni al progetto che si prefiggeva, il Novello promosse uno scrittorio che produsse nell'arco di circa un ventennio oltre centoventi codici.
La collezione è ispirata al modello umanistico sia nella scrittura in littera antiqua, anche se sono presenti codici in gotica o semi gotica, sia nei testi, che comprendono autori classici, Padri della Chiesa e opere greche in traduzione, con particolare predilezione per gli storici e per le scoperte degli umanisti contemporanei.
Tra gli amanuensi ricordiamo Jean d'Epinal (Johannes Antonii de Spinalo), che copiò almeno trentasei codici firmandone una trentina, Jacopo della Pergola, la cui attività è documentabile attraverso i suoi codici datati fra il 1446 e il 1454, e al quale Malatesta Novello affidò la trascrizione di opere di grande impegno come lo splendido De civitate Dei di S. Agostino (D.IX.1), la Naturalis historia di Plinio (S.XI.1) e di due dei tre volumi delle Vitae di Plutarco (S.XV.1 e S.XV.2); inoltre Frate Francesco di Bartolomeo da Figline, che fu anche il primo custode della libraria. Tra i copisti malatestiani che per il loro lavoro si servirono generalmente dell'umanistica, ricordiamo anche Macario Veneto, che firmò il manoscritto D.III.1, contenente il Pentateuco e Andrea Catrinello da Genova, che sottoscrive uno dei codici da lui copiati, il giorno della morte di Malatesta Novello (20 novembre 1465).
Insieme a questo gruppo di amanuensi, furono attivi alla corte del signore di Cesena scrittori nordici, che usarono la scrittura gotica. Tra questi, il tedesco Mathias Kuler, che nell'explicit del S.IX.3 si descrisse come amante della bella vita e dei piaceri in compagnia delle donne: "Amen. Bonum vinum in taberna, consortia mulierum consumpserunt omnia. Venite exultemus".
Voluta da un unico mecenate e realizzata in breve tempo, la raccolta ha un carattere fortemente sistematico, enciclopedico, perché destinata non al personale interesse del committente, ma agli studi di una comunità. Il carattere unitario si rivela anche nella decorazione dei manoscritti. L'ornato più volte usato è quello cosiddetto a "bianchi girari", vale a dire una decorazione a tralci bianchi su fondo a lacunari multicolori, che si intrecciano in nodi e volute attorno alle iniziali maiuscole o che corrono formando il fregio marginale della carta.
Malatesta Novello dichiara il suo ruolo di promotore, facendo apporre nella prima pagina di ogni codice il proprio stemma riccamente ornato all'antica e le iniziali M N dipinte o in oro o in altri colori entro un campo rettangolare a foglia d'oro.
I manoscritti commissionati o acquistati da Malatesta Novello (circa 150 esemplari) integrarono il preesistente fondo conventuale, composto da un numero di codici che non è stato ancora ben definito (verosimilmente tra i 50 e i 100), e probabilmente costituito già nel Trecento, ma ricco di codici ancora più antichi, come le Etymologiaedi Sant'Isidoro (S.XXI.5), del IX secolo. Si aggiunsero alla raccolta i testi di medicina e di scienze, ma anche di letteratura e filosofia, donati dal riminese Giovanni di Marco, medico di Malatesta Novello e come lui appassionato collezionista di codici. Dei 119 codici inventariati alla sua morte (1474) ed ereditati per testamento dalla Malatestiana, ne rimangono circa la metà (53). La parte mancante del fondo fu forse venduta per favorire nuovi acquisti oppure destinata alla libreria del convento, in seguito dispersa. Quattordici codici greci, acquistati molto probabilmente da Malatesta Novello a Costantinopoli, sette ebraici e altri donati al Novello, più qualche codice aggiunto nei secoli successivi completarono la raccolta, che conta 343 manoscritti.
Vedi anche:
Catalogo aperto dei manoscritti Malatestiani