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Monumento Tommaso Risso

08 – Monumento Tommaso Risso n. 36 – Porticato Nord

In questa tomba riposano i resti di Tommaso Risso, nato a Loano Ligure (Genova) il 16 novembre 1813, fedelissimo di Garibaldi agli ordini del quale aveva combattuto coraggiosamente nell’America del Sud e con il quale si apprestava a raggiungere Roma per difendere la neonata Repubblica.

Quando la Legione Garibaldina si fermò alcuni giorni a Cesena, tra il 5 e l’11 dicembre 1848, nacque un alterco tra il maggiore Tommaso Risso e il capitano Ramorino, non sappiamo per quali motivi.
Risso colpì con un colpo di frusta Ramorino che reagì sfidandolo a duello. Garibaldi aveva già lasciato Cesena, avendo anticipato la partenza rispetto al suo piccolo esercito.
Sul mezzogiorno di sabato 9 dicembre, i due ufficiali raggiunsero, con i rispettivi padrini e alcuni testimoni, il luogo scelto per il duello, sul colle della Basilica del Monte, in località Gessi. Come era stato concordato, il duello sarebbe stato al fucile, una scelta anomala e svantaggiosa per Risso che aveva riportato una grave ferita al collo che gli rendeva difficili i movimenti delle braccia.

Una moneta tirata in aria sancì che il primo a sparare sarebbe stato Risso che, forse sentendosi in colpa per aver provocato il duello o per l’istintiva repulsione a colpire un amico o per le difficoltà nell’uso del fucile, mancò il bersaglio.
Ramorino, invece, forse ancora adirato per l’affronto subìto, sparò e non mancò il bersaglio.

Ferito gravemente, Risso venne traportato nella locanda “del Colombino”, sotto i portici fuori Porta Santi dove, nella notte di domenica 10 dicembre 1848, dettò il testamento a favore della madre e dei nipoti lasciando un terzo del suo capitale diviso tra una signora di Montevideo che l’aveva assistito quando era stato ferito e una giovane orfana, Rosina Titta. Spirò qualche ora più tardi, lasciando addolorati i compagni e soprattutto il Ramorino che si aggirava pallido e addolorato per le strade di Cesena sorretto da un amico e in tale stato da suscitare pietà.

Nonostante Risso fosse credente e avesse ricevuto l’estrema unzione da un cappellano militare, i sacerdoti cesenati non vollero partecipare al funerale e opposero un netto rifiuto alla sepoltura in terra consacrata. I compagni furono costretti a invadere la vicina chiesa di San Pietro per far celebrare una funzione religiosa a cui partecipò una grande folla commossa che anche il giorno dopo, nelle prime ore di lunedì 11, seguì il feretro fino al Cimitero dove la salma venne tumulata.

Le traversie del corpo di Risso non erano finite perché, partiti i garibaldini, l’autorità ecclesiastica fece dissotterrare la salma che venne tumulata in terra sconsacrata dove venivano sepolti assassinio miscredenti.

Qualche anno dopo, allorchè la famiglia volle dare a Risso adeguata sepoltura, il corpo venne fortunatamente ritrovato e riconosciuto dagli stivali per cui i suoi resti poterono trovare pace inquesta tomba abbellita da busto di Risso, opera del genovese Santo Saccomanno (1833-1914) patriota e importante scultore di arte funeraria nel Cimitero di Staglieno.

Una lapide sulla parete ricorda l’invito a non dimenticare quel valoroso, rivolto ai cesenati da Garibaldi nelle sue Memorie: Tommaso era nato con tutte le qualità che fanno il capo popolo: forte, ben disposto, generoso… Fu la morte di Tommaso un avvenimento doloroso per tutti quelli che lo conoscevano … Serbi Cesena con amore i resti del prode campione Italiano!!!
Resta da definire chi fu il capitano Ramorino che uccise Risso dal momento che i garibaldini con quel cognome furono almeno tre: Giuseppe, Paolo e Stefano.

Garibaldi, accennando al duello nelle sue Memorie, non ne indicò il nome. Probabilmente si trattò di Paolo che doveva essere a Cesena nel dicembre 1848 perché poi partecipò alla difesa di Roma dove morì pochi mesi dopo il duello, il 3 giugno 1849, nella battaglia di Villa Corsini, forse ancora tormentato dal rimorso.

 

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