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Accoglienza dei migranti: la solidarietà venga prima del business

"Il richiamo del prefetto Morcone sulle risorse destinate all'attività imprenditoriale dell'accoglienza è corretto, ma al primo posto ci deve sempre essere la carità umana"

L'accoglienza delle persone richiedenti protezione che ogni giorno sbarcano sulle coste italiane rappresenta la nuova emergenza sociale di questo decennio, non reversibile nel giro di breve tempo.
Per troppi anni, il nostro paese ha affrontato la questione in piena solitudine, individuando soluzioni come in Italia si è soliti fare, ovvero attraverso il coordinamento delle istituzioni (dal governo centrale agli enti locali, passando per le regioni) e la rete degli interventi pubblico privati, con il forte coinvolgimento del volontariato.
Senza strumenti giuridici innovativi e, soprattutto, senza solidarietà internazionale, i Comuni italiani hanno messo a punto un sistema di accoglienza che seppur a fatica ha retto e sta reggendo, unendo le fatiche operative della quotidianità a quelle legate al complesso tema della multiculturalità e della convivenza fra i cittadini.

E' di ieri il richiamo forte del Prefetto Mario Morcone (Capo dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione presso il Ministero dell'Interno) a tenere conto dei rilevanti costi dell'accoglienza per il nostro paese, che passeranno dai 635 milioni del 2014 al miliardo di euro per il 2015.
Risorse molto consistenti che, tuttavia, come Morcone afferma "vanno a italiani che esercitano l'attività imprenditoriale dell'accoglienza".
E' alquanto probabile, in effetti, che la gestione di questa emergenza abbia determinato la nascita di nuovi posti di lavoro o la riconversione di contratti a rischio
E' un fatto, apprezzabile come lo sono tutte le misure che, in questo momento economicamente e socialmente malandato, prendono avvio per sostenere il reddito di tanti nuclei familiari in  difficoltà.
Eppure, noi continuiamo ad essere convinti che la fuga disperata di milioni di donne, uomini e bambini dalla guerra, le marce drammatiche e l'emergenza sbarchi debbano essere considerate, innanzitutto, per la carica umana che rappresentano.
Per la dignità ed il rispetto che ogni essere umano deve riconoscere ad ogni altro essere umano, in particolare quando ad emergere è una richiesta forte di solidarietà.
Non può essere l'idea del business a guidare l'accoglienza né a renderla giustificabile ed accettabile. Non si cada in questo errore.

Certamente, non è così a Cesena. La nostra città accoglie al momento 82 profughi, che salgono a 123 se consideriamo tutti i comuni dell'Unione Valle Savio.
Il nostro modello prevede piccoli nuclei di persone diffusi in diverse zone della città (ex scuola di Oriola, Via Aldini, Opera Don Dino, Tipano, Via Dandini, Via Ancona, Via Isei) e una accoglienza fatta in rete da Comune, Asp Cesena Valle Savio e volontariato.
Piccoli nuclei di persone che gli operatori e i volontari sono in grado di conoscere e di supportare verso la costruzione di un progetto di vita e che, generalmente, consentono il volontario allontanamento dalla città dei profughi, una volta ottenuta la protezione internazionale.
Piccoli gruppi attraverso cui né Comune né Asp possono fare business ma che, sicuramente, ci permettono di impiegare con correttezza e trasparenza le risorse messe a disposizione dal Governo.
Come ci insegnano i tanti cesenati che dimostrano interesse e vicinanza a questa attività, ancora una volta è necessario che persone, diritti e dignità vengano prima di tutto.

Il Sindaco Paolo Lucchi
L'Assessore ai Servizi per le persone Simona Benedetti 
 

 
 
 

Ufficio stampa
Federica Bianchi

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Data Ultima Modifica:
07 Ottobre 2016

Data di Pubblicazione:
01 Ottobre 2015

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