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ATLANTE - una mostra di Gino Balena

Atlante - balena

Dal 1 giugno alla Galleria Comunale d'Arte

Comune di Cesena
Assessorato ai Servizi  e alle Istituzioni Culturali
presenta

Atlante di
GINO BALENA

a cura di Sabrina Foschini
allestimento scenografico di Cesare Ronconi
Cesena, Galleria Comunale d'Arte
Palazzo del Ridotto, via Mazzini 1

dal 1 al 24 Giugno 2012
Inaugurazione Venerdì 1 Giugno ore 18
 
 
Orari e aperture:
mercoledì, sabato e domenica
dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 16.30 alle 19.30
martedì e venerdì dalle 16.30 alle 19.30
chiuso il lunedì e il giovedì
 

info: 0547.355727 - 0547.355730
paganelli_g@comune.cesena.fc.it - barducci_cr@comune.cesena.fc.it
 

Atlante di cartone
di Sabrina Foschini
 

Nella battaglia fra te e il mondo cerca di parteggiare per il mondo
Franz Kafka
 

Un gigante di cartone, un Atlante devastato dalla furia di un dio maggiore e poi ricomposto pazientemente come un biglietto d'amore che sia stato stracciato dalla rabbia e riaggiustato dal perdono.
 Divinità di cartapesta, idoli che hanno piedistalli ancor più traballanti dei piedi d'argilla, e hanno teste e pensieri di libri smarriti e pietrificati dall'oblio.
Questi numi del cielo, questi eletti di magica stirpe, non sono plasmati nel bronzo o scavati nel marmo, come i loro remoti parenti, ma sono fatti di umile materiale di scarto.
 Così si compongono le nuove, potenti e dolenti sculture di Gino Balena, puzzle crepitanti di cartoni da imballaggio, tessere lacerate di un mosaico di scatole, svuotate dei loro carichi preziosi, gusci inservibili che sovrapposti l'uno all'altro finiscono per tracciare i lineamenti di coloro che ad altre latitudini e in altri tempi, si sarebbero chiamati, Apollo, Dioniso, Icaro, Prometeo e Atlante. Toccava proprio a quest'ultimo, gigante partito all'assalto dell'Olimpo, nella schiera del dio perdente, la punizione di dover sorreggere l'intero globo celeste, di chinare la schiena sotto il giogo ingrato dell'umano e divino mondo. Ma "Atlante" è anche la sua tangibile rappresentazione, la carta geografica dell'universo, disteso appiattito su di un unico piano, una tavola imbandita con le strade, il mare e i confini di tutti. Infine Atlante con una fortunata coincidenza che inanella ogni grano del discorso, è una catena montuosa del Nord Africa, luogo destinale per Gino Balena, che ha fatto dei numerosi viaggi  il suo cibo per gli occhi, il nutrimento sentimentale della sua pittura.
In questo stretto giro d'anni in cui la pratica artistica è tornata ad essere urgente e necessaria, c'è in Gino quasi un'esuberanza del fare, una ingordigia creativa che lo porta a raccogliere gli stimoli degli accadimenti quotidiani, grazie ad una pelle sensibile e scorticata che si lascia toccare dagli incontri con le cose, le materie del vivere, gli imballaggi dei commercianti, gli arredi di case sventrate, i libri di dottrine passate di moda o di biblioteche sommerse da un tempo che vorrebbe muoversi sopra al passato come un rullo compressore, per cancellarne le tracce e costringerci a dimenticare. Eppure i racconti che queste risacche di materie si portano dietro, parlano di favole antiche, di miti ancestrali dove l'uomo ruba il fuoco per la sua specie, o si brucia alla fiamma del sole e scioglie la cera di ali che per natura non gli apparterrebbero. Si direbbe quasi, che una memoria, maggiore, un ricordo nobile permanga nelle scorie di una modernità che vuole distruggere al più presto tutto ciò che produce, e così la resistenza e il rimanere di questi cartoni che si stratificano nella testa di un dio deposto o di un colosso crollato, fanno da collante tra la banalità dei giorni e il tempo degli eroi.
Anche i volumi ormai muti e piombati dalle resine, stanno sull'orlo del capo come muraglie di storie, depositi di lingue e narrazioni, scrigni di un messaggio che ha per destinazione la memoria di uno solo.
Oppure debordano dalle finestre dove hanno lasciato cadere un annuncio e da dove vorrebbero librarsi e sfuggire per non rimanere eternamente legati al loro compito. Libri volanti, libri uccelli con le ali di pagine inchiodate, o libri riccioli  scompigliati che si accalcano alla radice dei pensieri, sulla fronte di un gigante. Molte delle sue opere in realtà rimandano al volo, come la serie di dipinti dedicata a Icaro e dunque più precisamente parlano della caduta, del rovinare a terra, della perdita di un sogno incontenibile. Sopra le tele cerate di camionette militari, che si portano addosso gli strappi e le stigmate del loro reale  viaggio, Gino ritrova le braccia d'angelo del presuntuoso figlio di Dedalo, scorticandole a graffito, sulla superficie macchiata, con una operazione di sottrazione, che metaforicamente potremmo definire, un levare la terra sotto i piedi, così da non porre alcun freno, al crollo di quella malcelata speranza. Ci sono due latitudini possibili per il viaggio visionario di Balena, quella della classicità, tradita ma allo stesso tempo recuperata dal quotidiano e quella dell'istinto ancestrale, concentrato e imprigionato nelle maschere africane che sono templi antropomorfi dove rinchiudere il nucleo esplosivo di un sentimento e il suo mistero negato agli uomini. Questi mascheroni ieratici e imperturbabili diventano così archetipi di una moltitudine, volti paesi dove si rifugiano molti cuori, crocevia di sguardi che possono mettere in comunicazione l'umano col divino, e infine accettare che il primo sovrapponga sul suo volto il simulacro del secondo; prenda su di sé la forma di un dio. Ed ecco che l'uomo viaggio, l'uomo confine e terra, l'uomo paese di Gino si concretizza e ritorna ancora una volta nelle sue ultime opere di collage e pittura, che questa volta raccontano un movimento felice, confondendo e facendo combaciare il paesaggio interiore con quello dell'universo. Sopra grandi tele ariose e luminose vi sono tracciate le gigantografie di organi interni, composte di frammenti di cartine geografiche: cuori, occhi e polmoni, percorsi dunque dalle arterie delle autostrade, dalla trama degli isolati. Ciò che è segreto e celato dalla carne, diventa isola e nazione da percorrere, si apre in un mondo fisico, abitato, una piattaforma per l'atterraggio di altri, un approdo. Restando fedeli alla splendida massima di Oscar Wilde per cui chi faccia differenza tra anima e corpo, non abbia né l'una né l'altro.


 
 
 
 
 
 
 
 
 
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