Le prime misure economiche messe in campo dal Governo per fronteggiare l’emergenza alluvione sono state orientate su ammortizzatori sociali (900 milioni di euro) e aiuti ad imprese esportatrici (300 milioni di euro). Una dotazione finanziaria oltre il miliardo di euro che, da subito, ci sembrava una risposta di molto superiore al bisogno.
La Ministra del Lavoro Marina Calderone ha comunicato ieri che dei 900 milioni di euro destinati agli ammortizzatori sociali ne sono stati spesi solo 30. Allo stesso tempo – anche grazie alla costante interlocuzione con le imprese del territorio e con le Camere di Commercio dei territori alluvionati – ci risulta che siano davvero poche le domande di contributo presentate dalle imprese esportatrici tanto che, dei 300 milioni stanziati, con larga probabilità oltre il 90% non verranno spesi.
Ad oggi c’è dunque più di un miliardo di euro fermo su un binario morto da 2 mesi, non perché il territorio non ha le capacità e gli strumenti per spendere queste risorse ma perché, pur essendo ispirate da un buon principio, erano e sono mal collocate. Il nostro dovere come rappresentanti della comunità è dire che questo miliardo va immediatamente riconvertito e direzionato da parte del Governo verso i fronti attualmente ancora scoperti e che costituiscono il focus dell’emergenza: indennizzi a persone e imprese e risorse per gli enti pubblici per effettuare opere di ripristino e messa in sicurezza del territorio.
Una proposta che mi sento di avanzare, tenendo ferma la necessità di prolungare per chi ne ha ancora bisogno la cassa integrazione (che da Decreto scade il 31 agosto), è quella di pensare a un bonus ristrutturazione specifico per coloro che hanno subito danni alle proprie abitazioni a seguito dell’alluvione. In questo senso, si possono mettere in campo 3 azioni: portare il bonus fiscale sulle ristrutturazioni post alluvione dal 50% a 85-90%; permettere di usufruire del bonus anche a chi, alluvionato, effettua una manutenzione ordinaria e non solo straordinaria; creare un meccanismo che aiuti chi non ha liquidità e/o capienza fiscale (ridurre a 5 anni da 10 il periodo di recupero fiscale e consentire, a chi è più in difficoltà, di cedere il proprio credito fiscale agli istituti bancari). In alternativa, si potrebbe destinare l’immediato sostegno a chi non l’ha ricevuto perché interessato da danni a cantine e taverne e raddoppiare i 3 mila euro ricevuti.
Non si tratterebbe di un provvedimento generalizzato, ma a beneficio solo di chi (già censito) ha avuto la propria abitazione danneggiata dall’alluvione.