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78esimo anniversario della liberazione di Cesena, l’intervento del Sindaco Enzo Lattuca

Le celebrazioni sono state avviate questa mattina sotto il porticato del palazzo comunale

“La Lotta di Liberazione fu un movimento popolare di partigiani e partigiane sostenuto da una grande solidarietà popolare, con i militari delle tre Forze Armate che hanno combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti: per chi c’era, per chi non c’era e anche per chi era contro, con una generosità non sempre conosciuta in altre epoche storiche. Questo è il grande dato storico, che va sottolineato anche per rendere omaggio a tutti i Caduti e a quanti della nostra generazione sono scomparsi, e che ci hanno lasciato un nobilissimo testamento che non può essere dimenticato”. Lo ha detto questa mattina il Sindaco Enzo Lattuca celebrando il 78esimo anniversario della Liberazione della città di Cesena. 

Il 20 ottobre 1944 le truppe alleate e i partigiani liberavano la città dall’occupazione nazi-fascista. Oggi, a distanza di 78 anni, Cesena celebra il ricordo della Liberazione con iniziative promosse dall’Amministrazione comunale, in collaborazione con l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea e ANPI Cesena, e avviate sotto il Loggiato del Municipio con la deposizione della corona di alloro sulla lapide a Cesena Medaglia d’argento al Valor militare da parte del Sindaco Enzo Lattuca. 

Si riporta l’intervento integrale del Sindaco: 

“Fedele ad antiche e gloriose tradizioni patriottiche e democratiche, la città di Cesena sin dall’armistizio dell’8 settembre 1943 fu centro di decise reazioni e di lotta con l’oppressione tedesca e fascista. Esprimendo e sostenendo coraggiosamente le agguerrite forze partigiane, la cui organizzazione ebbe inizio con la costituzione della prima base di volontari a Pieve di Rivoschio, e nella circostante zona collinare, durante quattordici mesi di duro impegno operativo, i cesenati contribuirono validamente ad imporre un consistente logoramento alle forze nemiche ed a danneggiare mezzi ed apprestamenti”. 

Quelle che ho appena letto sono le motivazioni che hanno portato la nostra città ad essere insignita della medaglia d’argento al valore militare. Motivazioni scolpite su questa lapide sotto la quale ci ritroviamo il 20 ottobre di ogni anno. 

Il 20 ottobre di 78 anni fa le truppe alleate dell’Ottava Armata e i partigiani entravano a Cesena, segnando la fine di un lungo periodo di oscurità e di angoscia. Nei mesi precedenti la nostra terra aveva conosciuto la faccia più feroce della guerra di occupazione, con bombardamenti, rappresaglie, eccidi di vittime innocenti. E, prima ancora, c’erano stati i 20 lunghi anni vissuti sotto il peso della dittatura. Anche questo è bene ricordarlo. Esattamente cento anni fa, anche qui, nelle nostre terre, le famigerate squadre d’azione agli ordini di Italo Balbo assaltavano le cooperative contadine, triste preludio a ciò che avrebbe dovuto attraversare l’Italia nei 20 anni successivi. 

Ma torniamo assieme al 20 ottobre 1944. Rimini era stata liberata il 21 settembre e l’esercito alleato aveva impiegato dunque un mese per arrivare a Cesena. In quella bella giornata il silenzio della città è squarciato non più dal crepitio degli spari, ma dal grande rumore dei primi carri armati che entrano da Porta Santi, diretti verso il centro città. 

Vorrei rileggere le parole tratte dal diario di Don Leo Bagnoli: “Carri armati possenti che rumoreggiano. Vado ad affacciarmi alla finestra della Casa del Sacrista in corso Garibaldi vicino all’abside del Duomo. Prima un’automobile con alcuni ufficiali, poi un carro armato mastodontico, poi le fanterie inglesi appiedate. Rasentano i muri adagio, molto cauti, con i fucili mitragliatori in mano. Prendono posizione sotto i portici, guardano le finestre freddi, di fronte alle festosissime accoglienze della popolazione. Poi altri carri armati con la torretta scoperta. Hanno fiori sui fanali. Da parte di un militare, in piedi su un autoblindo, vengono trasmessi Radio-comandi. Un cittadino, con una bottiglia in mano, distribuisce bicchieri di vino, che i soldati accettano. Giovani romagnoli con un bracciale rosso, bianco e verde si danno da fare a tener l’ordine”. 

Giovani romagnoli con un bracciale rosso, bianco e verde. Giovani patrioti. 

Arrigo Boldrini, comandante partigiano, in occasione del 50° anniversario della costituzione del Corpo Volontari della Libertà, nel 1994, ebbe a dire: 

“La Lotta di Liberazione fu un movimento popolare di partigiani e partigiane sostenuto da una grande solidarietà popolare, con i militari delle tre Forze Armate che hanno combattuto assieme per riconquistare la libertà per tutti: per chi c'era, per chi non c'era e anche per chi era contro, con una generosità non sempre conosciuta in altre epoche storiche. Questo è il grande dato storico, che va sottolineato anche per rendere omaggio a tutti i Caduti e a quanti della nostra generazione sono scomparsi, e che ci hanno lasciato un nobilissimo testamento che non può essere dimenticato”. 

Ecco, guai a non considerare, soprattutto in occasioni come quella di oggi, questo dato storico, magari per mere ragioni di opportunità. Quando persino il Re d’Italia Vittorio Emanuele III e il capo del governo Pietro Badoglio, subito dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, fuggirono da Roma, mandando in frantumi l’esercito italiano e consentendo all’ex alleato tedesco di occupare oltre due terzi del territorio italiano, c’era chi fece una scelta ben precisa, la scelta giusta. Tantissimi – civili, militari, religiosi, forze armate e forze dell’ordine, servitori di uno stato che si era dissolto – pagarono questa scelta con la prigionia o con la loro stessa vita. 

La guerra di Liberazione fu una grande lotta di popolo combattuta insieme alle forze armate alleate.
 

Qui, alla mia destra, c’è un’altra lapide che commemora l’eroismo del sergente canadese Ernest Smith, che nell'ottobre del 1944 guidò i suoi uomini nella traversata del fiume Savio, in piena a causa delle piogge torrenziali, difendendo la posizione da carri armati e fanteria finché il nemico tedesco non si ritirò. Mentre a poca distanza da qui, a Sant’Egidio, c’è il Cimitero Militare dove sono sepolti 775 soldati dei paesi del Commonwealth caduti durante la Seconda guerra mondiale per la nostra libertà. Tra questi, ci sono anche le spoglie di 6 nativi americani, che si arruolarono come volontari nell'esercito del loro Paese, il Canada, per combattere il nazifascismo e restituire a noi quello status di uomini liberi che loro stessi non avevano conosciuto. 

La libertà che riconquistarono, esercito alleato e partigiani insieme, trovò compimento nella nostra Costituzione. 

La libertà di cui godiamo da quasi 80 anni, la democrazia che è stata costruita, l’uguaglianza e la giustizia che la Costituzione ci prescrive di ricercare sono figlie di questa storia sofferta e di generazioni che le hanno conquistate con dolore, sacrificio, impegno. A loro prima di tutto va la nostra riconoscenza. A noi spetta il dovere di ricordare, senza alcuna cultura della rimozione. Anzi, con il dovere di continuare a distinguere le ragioni patriottiche della democrazia e della libertà dal torto oppressivo della dittatura fascista. Viva la Liberazione di Cesena; viva l’Italia democratica e antifascista.

Viva la Liberazione di Cesena; viva l’Italia democratica e antifascista. 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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