Nei giorni in cui si celebra a livello internazionale la lingua madre, a cui l’Unesco ha dedicato la giornata del 21 febbraio, la Biblioteca Malatestiana “mette in mostra” virtualmente su CesenaCultura e sulla pagina Facebook un’edizione stampata a Vicenza nel 1579 che tramanda la traduzione in italiano del De vulgari eloquentia di Dante Alighieri.
Il volume cesenate appartiene al fondo donato dalla Famiglia Nori, raccolta iniziata da Giambattista Nori senior e incrementata dal figlio Ermete senior e dal nipote Giambattista. La traduzione risale al dotto vicentino Gian Giorgio Trissino (1478-1550).
Prima di questo trattato, composto da Dante tra il 1303 e il 1305, nessuno aveva avuto il coraggio di codificare la lingua volgare, lingua materna per eccellenza, che si impara dalla balia senza nessuna grammatica («il quale senz’altra regola, imitando la balia, s’apprende»).
Fu Dante a riconoscere che anche il volgare, e non solo il latino, poteva dare frutti artistici se utilizzato da uomini illustri. E lui che fu cittadino del mondo, esiliato dalla patria, sapeva e sostenne che non importava che gli illustri fossero siciliani, pugliesi, toscani, romagnoli, lombardi, della marca trevigiana o della marca d’Ancona:
«Questo volgare adunque - che essere illustre, cardinale, aulico, e cortigiano havemo dimostrato - dicemo esser quello che si chiama volgare italiano, perciò, che sì come si può trovare un volgare, che è proprio di Cremona, così se ne può trovare uno che è proprio di Lombardia et un altro, che è proprio di tutta la sinistra parte d’Italia. E come tutti questi si ponno trovare, così parimente si può trovare quello che è di tutta Italia, e sì come quello si chiama cremonese e quell’altro lombardo e quell’altro di meza Italia, così questo che è di tutta Italia si chiama volgare italiano. Questo veramente hanno usato li illustri dottori che in Italia hanno fatto poemi in lingua volgare, cioè i Siciliani, i Puliesi, i Toscani, i Romagnuoli, i Lombardi, e quelli de la Marca trivigiana, e de la Marca d’Ancona.»
Il De vulgari eloquentia è tramandato da pochissimi manoscritti (ora nelle biblioteche di Tubingen, Grenoble, Milano, Strasburgo e in Vaticano). Questa edizione conservata a Cesena è antecedente all’editio princeps (Parigi 1587) nella quale invece il trattato fu stampato per la prima volta in lingua latina.
Il Fondo Nori, composto da libri e archivio dell’omonima famiglia, sono pervenuti alla Malatestiana rispettivamente nel 1986 e nel 1988.
Nel 2011 sono giunti per lascito testamentario di Maria Silvia Nori vedova Donati (1915-2010) anche mobili e suppellettili del casato.
Il fondo librario si divide in due sezioni, letteratura e giurisprudenza, a cui si aggiunge la raccolta di 329 edizioni del XVI secolo e 1 incunabolo, per un totale di 6.849 unità. Insieme ai volumi si conservano anche periodici e opuscoli, oltre alle carte manoscritte, carteggi, fotografie, stampe e cimeli.