Un faccia a faccia alla Biblioteca Malatestiana tra i Signori Roberto d’Angiò e Sigismondo Pandolfo Malatesta. Messi da parte i due codici del XV secolo contenenti le opere di Sant’Agostino, nell’atrio della Malatestiana arrivano altri due preziosi esemplari della raccolta codicologica che resteranno esposti al pubblico per il mese di novembre. Si tratta di opere molto diverse tra loro per l’epoca di realizzazione, del XV secolo e del XIV, e per l’ambiente di produzione: uno napoletano e l’altro riminese, rispettivamente dalla corte di Roberto d’Angiò e dalla corte di Sigismondo Pandolfo Malatesta. I due codici hanno però una particolarità che li accomuna: oltre alle consuete decorazioni – limitate a lettere iniziali più o meno riccamente ornate – riportano immagini dallo scopo chiaramente esplicativo di quanto contenuto nel testo. Anche questi due manoscritti sono sfogliabili online seguendo il link indicato per ciascuno.
S.XI.5 Paolino Veneto, Satyrica historia (circa 1330)
Codice membranaceo con testo su due colonne in scrittura gotica (littera textualis) di due mani. La legatura risale a un restauro del 1980. La lettera iniziale di ogni capitolo è riccamente miniata. Lungo i margini di numerose carte sono raffigurate scene a tema biblico, storico e numerosi personaggi illustri. In totale si contano circa 145 illustrazioni. Il manoscritto è databile agli anni trenta del XIV secolo: una nota posta al margine di una carta conferma che il codice dal 1389 era presente nel convento di San Francesco a Cesena. Le 145 illustrazioni sono suddivisibili in due cicli tematici: il primo, definito pre-cristiano, inizia con la cacciata dal paradiso di Adamo ed Eva fino alla battaglia fra Ottaviano e Antonio. Il secondo tema inizia dall’annuncio a Zaccaria della nascita del figlio Giovanni Battista, terminando con la Crocifissione di Gesù. Paolino era un frate francescano, poi vescovo di Pozzuoli, nato nel 13° secolo e la sua Historia è un racconto diviso in capitoli sulla storia del mondo, che mescola episodi sacri e profani. L’ampio apparato iconografico, 145 scene ben dettagliate tracciate a penna nel margine inferiore delle carte, aveva scopo didattico ed esplicativo e oltre a numerose scene bibliche sono presenti molte raffigurazioni belliche, per andare incontro ai gusti dei nobili, dediti all’arte della guerra. Le immagini sono realizzate in funzione dei temi affrontati nel testo, per invitare a riflettere sul significato della storia narrata. Il codice è stato prodotto in ambiente napoletano e per un certo tempo si è creduto che lo stesso re Roberto d’Angiò ne avesse glossato le carte.
S.XXI.1 Roberto Valturio, De re militari (1462)
Codice membranaceo in scrittura umanistica per mano di Sigismondo di Nicolò Tedesco, con inchiostro bruno e inchiostro rosso per i titoli. La legatura risale a un restauro del 1931 (Dante Gozzi, Modena). Novantaquattro disegni a penna acquarellati in seppia, che raffigurano macchine da guerra e strumenti d’assedio. Il manoscritto, composto alla corte di Sigismondo Malatesta, con le sue raffigurazioni belliche riveste una funzione propagandistica del signore di Rimini, nonché committente del codice, come solo generale moderno degno di essere affiancato a quelli antichi per il suo valore e per le sue abilità militari. Roberto Valturio, consigliere di Sigismondo Pandolfo Malatesta, scrisse nella metà del 15esimo secolo questo importante trattato su ogni aspetto della guerra, con un ampio apparato iconografico adatto ad esplicare il testo, ma anche a rafforzare l’immagine di Sigismondo come “uomo d’arme e di tecnica”. Il valore non tanto artistico quanto tecnico e descrittivo delle immagini è riscontrabile anche in altri esemplari manoscritti e a stampa di quest’opera, a dimostrazione che le immagini ne erano parte integrante e si è quindi ipotizzato che dallo scritto di Valtruvio siano state realizzate più copie, a scopo propagandistico. Sembra anche che proprio le illustrazioni del De re militari abbiano ispirato a Leonardo da Vinci la realizzazione di tanti strumenti bellici da lui proposti a Ludovico il Moro.
Realizzato a Rimini, questo esemplare – destinato a Malatesta Novello come dono da parte del fratello Sigismondo - venne completato a Cesena, con le tipiche iniziali decorate a “bianchi girari”.