Si trasmette il testo della risposta che l’Assessora ai Servizi per le persone Simona Benedetti ha fornito nel corso del Consiglio comunale all’interpellanza del consigliere Leonardo Biguzzi (Cesena Città Aperta) sulla mancata partecipazione ai bandi per l’affidamento dei servizi di accoglienza.
Di seguito il testo della risposta:
Innanzitutto mi pare doveroso rettificare alcuni elementi forniti in premessa dal Consigliere Biguzzi che rilevano la mancanza di alcune informazioni indispensabili alla opportuna contestualizzazione di quanto riferito e di conseguenza richiesto.Il coinvolgimento dell’Unione Valle del Savio nel sistema di accoglienza profughi non è mai avvenuto in questi anni mediante la partecipazione a bandi. L’Unione non è un soggetto che partecipa a bandi concorrendo con operatori economici per “accaparrarsi” l’affidamento di qualche servizio. L’Unione è un Ente Locale che garantisce alcune funzioni e servizi fondamentali per la vita dei cittadini del ns. territorio su mandato (conferimento) dei 6 Comuni che la costituiscono.
Nell’ambito di tale mandato sono previste anche la programmazione, l’organizzazione e la gestione complessiva dei servizi sociali e socio-sanitari che l’Unione garantisce anche avvalendosi di ASP Cesena Valle del Savio o di altri soggetti non-profit attraverso le forme di affidamento o di collaborazione previste dalla legge.
In questi anni l’Unione ha partecipato alla gestione del locale sistema di accoglienza profughi e richiedenti asilo, di cui è titolare il Ministero degli Interni attraverso la Prefettura di Forlì-Cesena, definendo direttamente con essa annualmente convenzioni in cui si definivano in modo concertato le modalità e l’organizzazione complessiva di tale sistema a partire da alcune indicazioni generali, comuni a tutto il territorio nazionale, ma con un certo margine di contrattazione e autonomia che a livello provinciale si è cercato sempre di condividere insieme alle altre due Unioni del forlivese e Rubicone-Mare e che nel tempo ha generato il noto e positivo modello dell’accoglienza diffusa. Il decreto “Salvini”, convertito dallo scorso autunno in legge dello Stato, in particolare gli atti esecutivi, dal profilo tecnico, pubblicati dal Ministero a ridosso del periodo natalizio, hanno evidentemente scombinato e rimesso fortemente in discussione tale modello e soprattutto i presupposti su cui si rinnovava annualmente il rapporto convenzionale con la locale Prefettura sul quale – ribadisco – il modello che abbiamo faticosamente costruito si centrava.
Dunque, CHE COSA È CAMBIATO?
Nella nuova normativa, e, soprattutto, nei documenti esecutivi, risulta con evidenza che la nuova accoglienza voluta dal Ministro Salvini prevede esclusivamente attività di natura alberghiera: sono escluse le esperienze legate all'integrazione e all'inclusione, i corsi di italiano, lo svolgimento da parte dei richiedenti protezione di attività socialmente utili, nonché l’avvicinamento e l’accompagnamento al mercato del lavoro.In un tale quadro, dunque, la totale mancanza di attenzione alla persona e al suo accompagnamento all’autonomia, finalizzata alla creazione di un progetto di vita, alla quale, di converso, si sostituisce l’enfasi per le attività di controllo quotidiano, pongono in maniera dirimente il tema della "esclusione di fatto" dell’ambito dei servizi sociali dalla nuova partita della prima accoglienza. Non abbiamo più, minimamente, a che fare con un sistema di servizi per le persona ma con un sistema alberghiero, finalizzato ad accogliere i migranti, offrendo loro il minimo indispensabile per il tempo strettamente necessario all’eventuale riconoscimento dello status di rifugiati.
Diversamente dal passato, la decisione di rinnovare il convenzionamento con la locale Prefettura da parte dell’Unione non avrebbe portato altro che all’applicazione del nuovo capitolato di gara che Ministero e ANAC hanno disciplinato in maniera rigida per l'individuazione dei nuovi enti gestori: in completa antitesi con il modello da noi messo a punto in questi anni, non ci è consentita la possibilità di utilizzare ancora il metodo dell’accreditamento degli Enti Gestori, improntato all’inclusione e alla collaborazione con gli Enti Non Profit, superando la logica competitiva ed esclusiva della gara d’appalto e consentendo di introdurre tutte quelle particolari condizioni che ci hanno sin qui portato alla piccola accoglienza diffusa ed integrata.
Concretamente l’Unione si sarebbe trovata a gestire, non attraverso i propri servizi sociali, bensì attraverso la propria stazione unica appaltante (SUAP), un bando di gara rigido con un capitolato definito in modo standard a livello nazionale. Come noto, infine, il costo previsto dalla nuova normativa è di 21 euro al giorno per persona accolta, al posto dei 35: una cifra insostenibile per l’accoglienza diffusa fatta di piccole strutture, anche se solo relativa ai servizi alberghieri.Dirò poi, in ogni caso, come l’elemento economico non abbia in nessun modo concorso alla definizione del nuovo corso e della nuova progettazione comunale.
UNA SPECIFICITA’ TUTTA NOSTRA
La nostra Unione, infine, aveva una particolarità. Ricorderete la solitudine e difficoltà nella quale ci siamo trovati anni fa, al'inizio dell'accoglienza. Siamo stati l'unico territorio della Regione a dover accogliere direttamente come ente locale, in assenza di una rete di associazioni pronte a farlo direttamente (associazioni, come Misericordia e Papa Giovanni XXIII, che sono arrivate solo dopo qualche anno).
Da allora la nostra ASP ha avuto nell'accoglienza cesenate un ruolo di primo piano di gestione diretta. Tuttavia, per ragioni di sostenibilità economica ma, soprattutto, di mission aziendale, la nostra ASP che è azienda di servizi per le persone, sociali ed educativi, non alberghieri, ha deciso di non partecipare al bando della Prefettura.
Quali misure si prevedono per la trasformazione della prima accoglienza in seconda accoglienza,come annunciato alla stampaIn ogni caso, diversamente dalle molte falsità lette nel corso delle ultime settimane, l’Amministrazione comunale non abbandona di certo la partita, né aspetterà inerme che scelte scellerate nazionali ricadano pesantemente sulla vita di tante persone, minando la coesione sociale della propria comunità.Sappiamo che tanto resta da fare nell’ambito dell’integrazione, al fine, soprattutto, di rafforzare e ricostruire le buone ragioni e le buone prassi della convivenza multiculturale, rese sempre più difficili dal clima di intolleranza sempre più diffuso nel paese.
E che tanti sono i bisogni, a cominciare da quelli primari, espressi dai migranti presenti in città. Ricordiamo, innanzitutto, che si sta protraendo il regime di proroga dell’accoglienza precedente: proprio nei giorni scorsi, la locale Prefettura ha chiesto un ulteriore mantenimento del regime attuale al 30 aprile prossimo.
In ogni caso, contemporaneamente alla gestione dei CAS ancora aperti, stiamo procedendo con la riconversione dell'attività di prima accoglienza gestite da ASP, in attività di seconda accoglienza, dedicata a chi esce dai CAS e resta nelle nostre strade, completamente "a carico" delle Comunità Locali. Stiamo anche rafforzando l'area della mediazione culturale, in particolare nelle scuole.Tutte le strutture, ovvero le case, di proprietà di ASP che in questi anni sono state dedicate all’accoglienza dei migranti, manterranno la medesima funzione.I contratti di lavoro degli operatori impiegati nei CAS sono stati rinnovato con i tempi e le modalità standard, senza alcuna interruzione: un impegno che comporterà per l’Union Valle Savio una spesa ulteriore, per l’anno in corso, di 260.000 euro.Già da qualche settimana, inoltre, abbiamo avuto una importantissima conferma progettuale: l'Unione dei Comuni Valle Savio, insieme ad ASP, è capofila regionale di un progetto che vedrà tutti i Comuni Capoluogo impegnati nelle attività di accoglienza, e, soprattutto, integrazione ed inclusione sociale.
Una progettazione definita dai Comuni in ambito regionale, che si pone l’obiettivo di mantenere il sistema di servizi per i migranti messo a punto in anni di lavoro positivo in tanti territori della regione, Cesena compreso. Si tratta di un Fondo FAMI (asilo e immigrazione) del dipartimento nazionale Libertà Civili e Immigrazione. Un fondo composito nazionale ed europeo che ci metterà nelle condizioni di ampliare le attività volte a sostegno degli stranieri in uscita dai centri di accoglienza, aumentando le risorse che come comuni già avremmo messo a disposizione. Un modo concreto per programmare servizi aggiuntivi, che vadano a mitigare gli effetti più pesanti della nuova accoglienza, riconsegnando ai servizi sociali la centralità del loro ruolo a sostegno delle persone in difficoltà.Fra attività ordinaria e progetto FAMI, la nuova progettualità è ad un punto avanzato di messa a sistema, tanto è vero che siamo in procinto di sottoscrivere un impegno formale in tale direzione anche con le tre organizzazioni sindacali.
Cosa succederà, purtroppo, per ora possiamo solo immaginarlo, anche se la possibilità che attraverso i bandi di gara attualmente aperti la Prefettura riesca a garantire la trasformazione dell’attuale sistema di accoglienza secondo i dettami del nuovo regime salviniano è tutt’altro che scontata. Sappiamo, ad esempio, che sia le centrali cooperative che numerosi altri enti no profit hanno assunto una posizione di contrarietà alla partecipazioni ai bandi prefettizi in corso, per ragioni etiche prima ancora che di sostenibilità economica.
Nelle prossime settimane, essendo il bando in scadenza domani, capiremo come intenderà garantire la Prefettura la continuità dell’accoglienza nel caso in cui dai bandi di gara non riescano a scaturire proposte di accoglienza alternative a quella attuale.