EDUARDO FABBRI IN CARCERE CONFORTATO DALLA COMPAGNIA DI DANTE
Io vivea solo tutto il dì, ma con l'inseparabile e divina compagnia di Dante Alighieri, di cui lo spirito in picciol volume, a guisa di un breviarietto, m'accompagnava sempre, ed allora, fattomisi quasi piu confidente, per essere anch'io entrato nella via sacra dell'avversità.
Affrettavami di mettermi in mente tutto ciò che mi rimaneva d'apprendere del poema divino, e fu già per le prigioni una delle mie giaculatorie: Cristo in cuore e Dante in testa / non pavento di tempesta.
(Sei anni e due mesi della mia vita, p. 13; p. 127)
LA SENTENZA DI CONDANNA DEL PROCESSO "RIVAROLA"
La mattina del 18 settembre 1825, i tamburi chiamano, il presidio del forte é in armi, si spalancano le porte della nostra prigione. Un ometto bruno, grassotto, stese innanzi a sé 1'infolio, che aveva per titolo Sentenza... Venne il mio nome, con l'aggiunta di "detenzione in un forte di stato". In voce alta e chiara, che fece silenzio d'intorno, io domandai: A chi posso appellarmi di questa ingiusta condanna? A nessuno! rispose. Ebbene, soggiunsi, di questa iniqua sentenza mi appello a Dio, che é superiore agli uomini ed é giusto!
(Sei anni e due mesi della mia vita, pp. 114-115)