ROMAGNOLI, TESTE CALDE!
Abituato ad assistere alla Camera nel Palazzo Carignano, a Torino, ne uscivo un giorno, quando mi imbattei in Farini. All'angolo del Palazzo delle Scienze ci veniva incontro, col suo solito passo frettoloso, il Conte di Cavour; i due amici si salutarono; ed io mi scostai un poco, per discrezione, giacchè si erano messi a parlare. Dopo un istante Farini mi fece cenno di avvicinarmi, e volto al Cavour, gli dice:
- Vi presento 1'avvocato Finali, un giovane romagnolo.
- Romagnolo? Teste calde, mazziniani, questi romagnoli! Non so come trovassi lena e forza di rispondergli:
- Signor Conte, se non erano le teste calde, come avrebbe ella potuto dire al Congresso di Parigi che 1'Italia si agitava? Guardandomi fisso, e ponendomi una mano sopra la spalla: - Può darsi che abbiate ragione! disse sorridendo. E Farini a lui: - Già non sono i moderati che si faccino appiccare!
(Memorie, pp. 490-491)
GASPARE FINALI E L'IMMORTALITÀ DELL'ANIMA
Al letto di morte di Maurizio Bufalini, avvenuta nel 1875 a Firenze, parve a me che coll'u1timo anelito tutto finisse: l'intelligenza, la volontà, ogni espressione ed ogni atto corporeo si erano dileguati. Due anni dopo, al letto di mia madre in Roma, risorse in me la persuasione e la fede nell'immortalità dell'anima. Rifulgeva nell'aspetto di lei una luce di giovanile bellezza, la parola era alta, serena, sublime: parlo di cose più alte che di consueto non usasse: con un linguaggio di veggente, un affetto di santa. Sono pochi pensieri, che allora con infinito strazio consegnai alle carte. Neppure oggi, dopo trent'anni, posso assuefarmi all'idea che mia madre non sia più.
(Memorie, p. 186)