Si trasmette il testo
della risposta che il Vicesindaco Carlo Battistini ha fornito nel corso del
Consiglio comunale all’interpellanza presentata dalla Consigliera Vania
Santi (Cesena Siamo Noi)
in merito alla vicenda giudiziaria del ristorante “I Gessi” – Soc. “Al Monte”.
Di seguito il testo della risposta. Per maggiore comprensione
sono indicati in grassetto i quesiti a cui viene data risposta.
La sua interpellanza giunge quanto mai opportuna, poiché
consente di fare maggior chiarezza su di una vicenda nota a tutti e certamente
grave per il nostro Comune, anche se datata in un periodo che esclude
responsabilità dell’attuale Giunta e di quella precedente, così come di questo Consiglio
comunale e di quello eletto nel giugno 2009. Anzi, appare che, poiché gli atti
oggetto del procedimento giudiziario sono di natura tecnica (anche in virtù
della netta demarcazione fra compiti gestionali e compiti amministrativi), tali
responsabilità risiedano nella struttura tecnica che seguì il procedimento e
non nella parte politica che approvò le linee di indirizzo, a partire dal 2002.
Ma, qualora si ravvisassero da parte della Corte dei Conti responsabilità
diverse (come spiegherò meglio in seguito), come sempre rispetteremo la
sentenza, avendo come unico obiettivo quello dell’individuazione della
responsabilità contabile ed erariale dell’accaduto.
1) Come la Giunta intende
procedere affinché nessun onere ricada sui cesenati come da dichiarazioni
fatte, in particolare contro quali persone fisiche intende rivalersi legalmente
e con quali motivazioni:
La risposta, in questo caso, è facile. L’azione di
responsabilità nei confronti di dipendenti e amministratori pubblici è
esercitata dalla Corte dei Conti. Per questo, il Segretario Generale del nostro
Comune, con nota del 23 giugno 2016, ha inviato alla Procura
della Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna sia la sentenza di primo grado
che quella di appello e gli atti relativi. Parimenti, saranno trasmesse le
successive decisioni. Dopodiché, sarà la stessa Corte dei Conti a comunicarci
contro chi ci potremo rivalere, esercitando un’azione di rivalsa che da lungo
tempo abbiamo comunicato di voler concretizzare.L’Amministrazione Comunale non
ha quindi mai personalizzato le responsabilità né fatto qualche gioco strano;
ha semplicemente (e coerentemente, così ha agito) anticipato che, qualora vi
fossero state ricadute erariali dalla vicenda (che a questo punto ci saranno,
mi pare evidente), si sarebbero attivate le procedure necessarie alla chiamata
in causa di chi ha sottoscritto atti dichiarati non conformi dalle sentenze. E
così abbiamo fatto. Semplice e lineare.
2) Se questa Giunta ha
valutato il rischio di prescrizione dei termini e quali azioni intenda adottare
per fronteggiare questo rischio:
La responsabilità contrattuale del Comune è stata accertata
in via definitiva con la sentenza della Corte di Cassazione resa pubblica il 17
luglio 2017. Pochi giorni fa, quindi. Allo stato, non vi è ancora alcuna quantificazione
del danno da risarcire e quindi l’evento lesivo non si è concretizzato. Si
ricorda che a suo tempo il Giudice respinse la richiesta, avanzata dalla
società Al Monte, di liquidazione di una provvisionale.
3) Perché non sia già stata
attivata in precedenza la procedura di rivalsa se questa era l’intenzione della
Giunta:
La domanda è sorprendente, in quanto la procedura di
rivalsa potrà naturalmente essere attivata quando avverrà l’esborso da parte
del Comune. E’ strano che lei lo chieda, poiché credo sia evidente a tutti come
prima di rivalersi nei confronti di qualcuno, sia necessario sapere di quale
entità sia il danno prodotto. Vale naturalmente per una pubblica
Amministrazione, così come per un privato.Fra l’altro , la cifra di cui stanno discutendo
i periti appare di gran lunga inferiore rispetto alle cifre apparse sulla
stampa a più riprese ed in qualche dichiarazione, più legate ai desiderata di
qualcuno, evidentemente, che alla realtà dei fatti.
4) Quanti sono stati i
tentativi di conciliazione tra le parti e quali sono state le proposte di
conciliazione che i gestori hanno definito in una recente intervista e mezzo
stampa come “assurde e inaccettabili”.
5) Quali siano le
evidenze formali di tali proposte di conciliazione e per quale motivo si è
deciso, dopo il rifiuto dell’offerta di conciliazione presentata, di non
accettare le richieste fatte dalla controparte.
In questo caso i due quesiti possono trovare sintesi in
un’unica risposta ed anzi la ringrazio di averli posti, perché relativamente al
tema dei tentativi di transazione con la Società “al Monte”, è bene fare
chiarezza. Da parte della stessa non sono mai pervenute proposte formali di
transazione, a differenza di quanto dichiarato e scritto da alcuni anche
recentemente. La società al Monte si è limitata a proposte informali di
transazione (ma mai formalizzate), giunte o per il tramite dei legali
incaricati (più d’uno, in questi anni) o durante gli incontri svoltisi più
volte, sempre alla presenza (per la parte del Comune) sia della rappresentanza
tecnica che di quella politico/amministrativa.
Tutte le proposte giunte dalla Società al Monte erano tese a
mutare la destinazione urbanistica del bene, trasformandola da commerciale a
residenziale e ad avere riconosciuto in proprietà il bene stesso. Non di altro
si è mai parlato. Così come non sono mai state avanzate da parte
dell’Amministrazione formali proposte di transazione, tanto più nella
dimensione economica apparsa in questi giorni su qualche organo di
informazione. E’, quindi, evidente a tutti come per il Comune, che vuole
garantire la tutela pubblica dei beni di proprietà, le ipotesi avanzate non
erano in alcun modo percorribili.
Preliminarmente all’instaurarsi del giudizio relativo alla
quantificazione del danno, la Società al Monte ha attivato la procedura
obbligatoria di mediazione, con incontro fissato per il giorno 01.10.2014 che
non produsse alcun effetto perché proprio il legale rappresentante della
Società istante non partecipò. Spero che tutto ciò sia utile a rendere trasparente
l’inesattezza di certe dichiarazioni.
6) Quali alternative
all’abbattimento della veranda siano state valutate o verificate dopo il 2009
Considerato che all’inizio del 2009 la Procura aveva
sequestrato oltre 60 pratiche relative alla realizzazione di verande,
ovviamente venne valutata ogni alternativa all’abbattimento, e non solo per
quella dei Gessi. Tanto è vero che con l’insediamento della nuova Giunta si
costituì insieme alle associazioni, la “commissione verande” col compito di
trovare una soluzione, e per quanto possibile evitare o limitare gli
abbattimenti. Soluzione che prende forma con una Variante al PRG del 2010, con
la quale si introduce l’art. 23 bis alle Norme Tecniche, che ha consentito di
sanare o realizzare le verande a molti operatori, anche se non a tutti. Nel
caso dei Gessi va ricordato che la destinazione “ristorante” è resa possibile
dal fatto che quel fabbricato ha un vincolo storico testimoniale. Però, mentre
per alcuni fabbricati storico testimoniali il PRG prevede un “ampliamento
tipologico”. Il vincolo del fabbricato de I Gessi non consente tale soluzione.
7) Sulla base di quali
evidenze legali si è deciso di procedere dopo le sentenze di Primo e Secondo
grado e quali siano i costi sostenuti per il ricorso in Appello sia per la
Corte di Cassazione:
La decisione di impugnare le sentenze avverse è stata presa
con il conforto di conformi pareri legali, nonché su proposta del settore
comunale competente e al fine di arrivare ad un punto fermo su tale vicenda.
Inoltre si fa presente che il fatto è avvenuto durante una gestione
amministrativa precedente e, a maggior ragione, è parso opportuno fugare ogni
dubbio al riguardo: considerazione ancor più degna di nota se si pensa che, in
sede di rivalsa, gli interessati avrebbero potuto, appunto, opporre al Comune
la mancata impugnazione della sentenza di condanna. Quanto ai costi sostenuti.
Spese di soccombenza. Totale euro 27.495,71 così ripartiti:
Sentenza del Tribunale - euro 9.714,11;
Sentenza Corte di Appello - euro 11.362,00;
Sentenza Cassazione – in attesa del conteggio della
controparte;
Spese per incarico legale esterno. Totale euro 17.065,36 così
ripartiti:
Appello – euro 6.280,56;Cassazione - euro 10.784,80
A dette somme vanno aggiunti i contributi unificati di quasi
2.000 euro.
8) A quanto è stimata la
perdita di valore dell’immobile in conseguenza della prolungata inattività e a
stato di abbandono?
All’atto della concessione avvenuta il 21.08.2002, l’immobile
versava in stato di abbandono ed era inagibile; successivamente i concessionari
hanno realizzato interventi in funzione dell’utilizzo a ristorante del
bene.Alla cessazione della attività da parte del concessionario in data
31.12.2009 e alla successiva riconsegna del bene, si è constato uno stato di
generale abbandono dell’area esterna e del fabbricato, quest’ultimo con
rilevanti danni.L’Amministrazione ha monitorato la situazione e, a demolizione
avvenuta della veranda, ha provveduto a svolgere gli interventi necessari per
la messa in sicurezza dell’immobile. In
considerazione di quanto sommariamente descritto sopra, non si ritiene di poter
specificare valutazioni dell’immobile in quanto non risulta alcuna
funzione attribuibile, al momento,al medesimo, in attesa del contenzioso in
essere.