Si trasmette la risposta fornita dall’Assessore Simona Benedetti, durante il Consiglio comunale di oggi, all’interpellanza proposta dal consigliere Stefano Spinelli, del gruppo Libera Cesena, in merito alla concessione di locali della scuola “Carducci” per una scuola islamica.
Il settore scuola del Comune non ha mai ricevuto comunicazione alcuna relativamente all’attivazione di una scuola di lingua araba presso l’edificio scolastico Carducci la domenica. In realtà avevamo indiretta notizia di una attività simile che da tempo si svolgeva presso il circolo scolastico Cesena 2.
Come noto, infatti, gli edifici scolastici sono affidati in concessione d'uso gratuito ai dirigenti che assumono la responsabilità piena dell'uso medesimo: ne sia un esempio il fatto che per l’episodico utilizzo delle palestre in orario extrascolastico, anche il Comune deve richiedere espressa autorizzazione alla dirigenza scolastica. La regola, naturalmente, cita che il dirigente deve fare di quegli spazi un uso compatibile con i fini educativi/culturali/didattici/sociali. Siamo convinti, a tal proposito, che il multiculturalismo rappresenti una risorsa per tutte le comunità, tanto più quando le diversità che esso rappresenta possono divenire base per la crescita completa ed aperta di ogni individuo.Il multiculturalismo pericoloso è quello di chi, da tutte le parti indistintamente, alimenta l’idea che esista qualcosa di migliore o di più giusto su cui una comunità deve far leva per porre le basi della propria vita democratica.
Il multiculturalismo pericoloso è quello che, da tutte le parti, alimenta nelle giovani generazioni la paura dell’altro, promuovendo modelli di crescita culturale improntati alla chiusura, all’isolamento e all’indifferenza nei confronti di una società in cui il multiculturalismo è già oggettivamente presente.
Il Multiculturalismo pericoloso è quello che limita la libertà di pensiero, di crescita e di opinione delle persone, così come la loro piena autodeterminazione.
Di certo, non ci appartiene la volontà di alimentare nei piccoli cesenati l’idea che esista qualcuno di cui aver paura, da tenere lontano o da avvicinare solo se decide di assomigliare ad un modello di “cittadino italiano ideale” che rappresenta solo una parte di questo paese.
Come istituzione non possiamo che rispettare, valorizzandola, la Costituzione italiana (tanto difesa in questi giorni) che all’art.3 ci ricorda esattamente come tutti i cittadini abbiano pari dignità sociale senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali. E che all’art. 8 riporta che “tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano”.
Compito di una istituzione, tanto più quando deve rispondere ai suoi compiti educativi, è di accompagnare le giovani generazioni a crescere insieme, integrando abitudini e tradizioni legittimamente diverse in una unica idea di comunità dove ad ognuno sia chiaro come fare la propria parte per il bene comune.
Per questo, per rispondere ai suoi quesiti, noi crediamo che l’utilizzo degli spazi alla scuola Carducci da parte del Centro Culturale Islamico, indipendentemente dalle incombenze autorizzative che non rientrano nelle nostre competenze, non rappresenti una situazione illegale da dover ripristinare. In relazione alle competenze sull’utilizzo in capo alla Direzione scolastica interessata, leggo quanto scritto dal Dirigente interessato, a tal proposito: L'accoglimento della richiesta da parte della scuola è stato motivato, da un punto di vista della finalità istituzionale, dal perseguimento reale del Documento d'Indirizzo del MIUR dell'ottobre 2007 riguardante: "La via italiana per la scuola interculturale e l'integrazione degli alunni stranieri" e della CM 24/2006, atto normativo, quest'ultimo e altri appresso citati, che hanno avvalorato, corroborato, informato e guarnito la mia azione personale dopo aver operato le più opportune e dovute verifiche del caso sia per via amministrativa che sul piano organizzativo e d'impatto sociale realizzato nel tempo.
Entrando nel merito delle questioni chiarisco che fra la Scuola e l'Associazione sussiste, ovviamente, un rapporto di convenzionamento ricalcato sul precedente accordo con il 2° Circolo e identico, nella natura e nell'assetto organizzativo, a quello che da anni, in alcuni casi da decenni, la scuola stipula con le altre associazioni ed enti che, compatibilmente e in subordine alle attività didattiche e scolastiche, usufruiscono dei locali dell'istituto sia durante il periodo di svolgimento delle lezioni che in quello estivo. In tal senso la scuola, conformemente alle norme vigenti, a partire dal Testo Unico delle leggi scolastiche (D.Lgs. 297/94) fino a giungere alle leggi 53/2003, 133/2008, 169/2008 e all'ultima riforma legge 107/2015, si configura come una struttura al servizio della Comunità Locale, aperta e dialogante col territorio e con gli attori sociali e culturali che vi operano e in rete con le agenzie educative, formali o informali, pubbliche o private, che in esso incidono mutandone gli assetti e contribuendo alla sua migliore evoluzione. La Scuola Carducci, perciò, ha un passato ben consolidato e una autorevole, competente ed esperta esperienza in quest'ordine di attività che travalica più che ampiamente la mia presenza alla direzione dell'istituto e che è radicato anche negli atti degli organi collegiali, il Consiglio di Circolo fra i quali, fin dal 2012 ha definito linee d'indirizzo per l'affidamento dei locali conferendo delega al Dirigente Scolastico. Anche nel caso del rapporto statuito con l'associazione ho agito, come per tutti gli altri enti terzi, in forza di quegli atti mai aboliti né cassati e, dunque, non decaduti. Giova, con ciò, reiterare che, fra l'altro, non si è mai trattato di instaurare nuove e sconosciute attività, ma solo di continuare a perpetuare, con la mediazione e garanzia delle strutture comunali, quanto già noto, svolto e realizzato in altra scuola pubblica della città. Dal punto di vista della scuola, invece, lo svolgimento di questa attività trova il suo quadro motivazionale in un preciso assetto normativo e, insieme, culturale, quello della "Via italiana per la scuola interculturale e l'integrazione degli alunni stranieri" elaborato dall'Osservatorio nazionale per l'integrazione degli alunni stranieri e per l'educazione interculturale. L'Italia ha elaborato e continua a perseguire, una autonoma strategia d'integrazione centrata sul modello dello scambio culturale, nel quale l'alterità non solo è ammessa, ma è riconosciuta come positiva.
«Adottare la prospettiva interculturale -recita il documento ministeriale-, la promozione del dialogo e del confronto tra culture, significa non limitarsi soltanto ad organizzare strategie di integrazione degli alunni immigrati o misure compensatorie di carattere speciale. Insegnare in una prospettiva interculturale vuol dire piuttosto assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola, occasione privilegiata di apertura a tutte le differenze».
«La scuola italiana -prosegue il documento- ha scelto di adottare la prospettiva interculturale – ovvero la promozione del dialogo e del confronto tra le culture – per tutti gli alunni e a tutti i livelli: insegnamento, curricoli, didattica, discipline, relazioni, vita della classe. Scegliere l’ottica interculturale significa, quindi, non limitarsi a mere strategie di integrazione degli alunni immigrati, né a misure compensatorie di carattere speciale. Si tratta, invece, di assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola nel pluralismo, come occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze (di provenienza, genere, livello sociale, storia scolastica). Tale approccio si basa su una concezione dinamica della cultura, che evita sia la chiusura degli alunni/studenti in una prigione culturale, sia gli stereotipi o la folklorizzazione.
Con riguardo al plurilinguismo individuale si afferma che «il mantenimento della lingua d’origine è un diritto dell’uomo ed è uno strumento fondamentale per la crescita cognitiva, con risvolti positivi anche sull’Ital2 e sulle LS studiate nella scuola. L’insegnamento delle lingue d’origine, nella loro versione standard, può essere organizzato insieme a gruppi e associazioni italiani e stranieri, mentre saranno le famiglie e le collettività ad esporre i figli alle varietà non-standard da loro parlate».
Quanto appena espresso, in sostanza, rappresenta il senso dell'attività d'insegnamento/apprendi-mento della lingua araba svolta presso la Scuola Carducci e ne è la concreta realizzazione. Rimangono, tuttavia, i rischi di discriminazioni e pregiudizio, di cui il legislatore è ben consapevole, tanto da stabilire che:
«Sono però anche frequenti i pregiudizi, opinioni e atteggiamenti preconcetti, in genere su base emozionale, condivisi da un gruppo, rispetto alle caratteristiche di un altro gruppo. Spesso, portano a evitare contatti con le persone oggetto di rifiuto, rendendo così difficile contraddire le opinioni e i giudizi prevenuti. Stereotipi, pregiudizi, forme di etnocentrismo possono fare da elemento scatenante della xenofobia o del vero e proprio razzismo, nelle sue varie forme e livelli […].
La scuola deve affrontare questi problemi senza tacerli o sottovalutarli; l’educazione antirazzista può essere considerata uno degli obiettivi all’interno dell’intercultura, anche se non coincide interamente con essa. In questo ambito sono comprese anche tutte le strategie attraverso cui si costruisce l’alterità».
Gli obiettivi che la scuola ha inteso realizzare accogliendo le attività della scuola di lingua araba sono da inquadrare fra quelli di «portare a sistema e di diffondere la conoscenza delle situazioni positive e consolidate, in termini di: modalità di collaborazione interistituzionale; coinvolgimento delle associazioni, delle comunità immigrate, delle famiglie straniere; coinvolgimento dei mediatori culturali, formazione» aperta e non escludente cui le stesse attività svolte dall'associazione si richiamano.
Concludo evidenziando che «per favorire il processo di inclusione dei minori stranieri nelle città e nelle comunità, la scuola e il territorio devono lavorare in maniera congiunta, fianco a fianco, per far sì che i luoghi comuni diventino davvero luoghi di tutti» è questo che la Scuola Primaria Carducci realizza… da sempre con l’insostituibile, infaticabile e prezioso apporto dei suoi insegnanti, dei collaboratori scolastici e di tutto il personale a vario titolo coinvolto.