Il fascino che la Biblioteca Malatestiana continua a esercitare sui visitatori contemporanei è legato alla sua perfetta conservazione: infatti, nella libraria di Malatesta Novello - a differenza di quasi tutte le biblioteche coeve - la struttura, l'intonaco, la pavimentazione, gli arredamenti e i codici si presentano a noi, oggi, esattamente come la vedevano gli studiosi che la frequentavano nel XV secolo.
Non solo: i risultati di un recente monitoraggio del microclima nell'Aula del Nuti, condotto da tre docenti del dipartimento di Architettura dell'Università di Bologna, indicano che le caratteristiche architettoniche della struttura, oltre a essere splendidamente armoniche, sono tali da assicurare l'ambiente ideale per conservare i manoscritti antichi.
Ma nonostante le condizioni favorevoli e la cura dedicata loro nel corso dei secoli, i codici malatestiani sono un tesoro fragile, che necessita di periodici interventi di restauro.
In genere si tratta di aggiustamenti limitati: la sistemazione del dorso (la parte di ogni libro più soggetta ad usura), il rinforzo della cucitura allentata in qualche fascicolo, il ripristino degli anelli della catena di collegamento al pluteo, o anche - molto semplicemente - la pulizia delle pagine. Interventi delicati, che devono essere necessariamente condotti da personale specializzato e competente.
Attualmente sono una novantina (su un totale di 343) i manoscritti della Malatestiana che necessitano con più urgenza di questa particolare manutenzione: 39 appartengono al fondo di Malatesta Novello, 12 a quello conventuale, 23 al fondo di Giovanni di Marco, 6 del nucleo dei codici giuridici, 4 del nucleo greco e altrettanti di quello ebraico, due dedicati all'astronomia e uno all'agricoltura.
Per alcuni di questi codici il restauro è alle porte grazie all'intervento di cittadini e imprese cesenati che, dimostrando di aver fatto propria l'eredità dell'illuminato signore Malatesta Novello, hanno deciso di farsi carico del restauro di uno o più codici.
Il progetto è stato presentato questa mattina nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta in Malatestiana, alla presenza del Sindaco Paolo Lucchi, dell'Assessore alla Cultura Christian Castorri, di Lorenzo Tersi della LT Wine & Food Advisory, del Presidente dell'Associazione Amici della Biblioteca Malatestiana Giordano Conti e degli altri sponsor che hanno finanziato il restauro di codici.
Il restauro del codice S.IX.3 "Expositio super libros Physicorum Aristotelis"
da parte della LT Wine & Food Advisory
Questa mattina, in particolare, i riflettori sono stati puntati dal manoscritto dell'"Expositio super libros Physicorum Aristotelis", opera del filosofo inglese Walter Burley e contrassegnato dalla sigla S.IX.3. Questo codice sarà restaurato grazie alla sponsorizzazione della LT Wine & Food Advisory, società di consulenza fondata e presieduta da Lorenzo Tersi, che si occupa di marketing e promozione delle eccellenze enogastronomiche.
E' un codice in pergamena, composto da 251 carte, datato alla metà del sec. XV. Vergato in scrittura gotica, è attribuito alla mano del copista tedesco Mathias Kuler.
Il codice fu scritto per Malatesta Novello, del quale reca nella prima pagina lo stemma dello steccato, su scudo d'oro entro ghirlanda, ed è sempre stato conservato nella raccolta cesenate. Un grande capoletteraUna curiosa caratteristica è rappresentata dal fatto che, alla fine del testo, il copista ha aggiunto un 'fuoriprogramma', lasciando scritte queste parole:Bonum vinum in taberna mulierum consortia consumpserunt omnia. Venite exultemus.Scriptum per manum et non per pedem.
(Il buon vino nella taverna e la compagnia delle donne hanno consumato tutto [cioè: tutto il guadagno fatto con l'attività di copia dei manoscritti]. Venite esultiamo. Scritto con la mano e non col piede [per dire che comunque il lavoro di copiatura è stato eseguito bene, e non "fatto coi piedi").
I codici della malatestiana
Sono 343 i codici, prodotti fra il IX e il XV secolo, che formano il corpus della Biblioteca Malatestiana. Si tratta di testi greci, ebraici, latini, che spaziano dalla filosofia alla teologia alle scienze naturali, spesso impreziositi da decorazioni e miniature secondo il gusto del tempo. Ed è proprio in virtù di questo straordinario patrimonio librario che la Biblioteca Malatestiana è stato il primo bene italiano inserito nel nel Registro della Memoria del Mondo con la seguente motivazione: "La biblioteca contiene lavori di filosofia, teologia e scritti di natura biblica, così come di letteratura scientifica e classica, di differenti provenienze. È un raro esempio di una completa e meravigliosa collezione conservata dalla metà del XV secolo, appena prima dell'avvento della stampa in Europa. La collezione è un esempio unico di biblioteca umanistica del Rinascimento, momento in cui le prime valutazioni sugli scritti e sugli insegnamenti cristiani lasciavano la strada a varie considerazioni secolari. La collezione è contenuta nell'originale edificio di Cesena".
Il fondo più cospicuo (circa 150 esemplari) è quello rappresentato dai manoscritti acquistati da Malatesta Novello o per lui copiati dagli amanuensi dello scriptorium cesenate. Questo gruppo andò a integrare il preesistente fondo conventuale, , costituito già nel XIV secolo, ma ricco di codici ancora più antichi, come le Etymologiae di Isidoro di Siviglia (S.XXI.5), del IX secoloIl numero esatto dei codici conventuali non è stato ancora ben definito (verosimilmente tra i 50 e i 100).
Si aggiunsero alla raccolta i testi di medicina e di scienze, ma anche di letteratura e filosofia, donati dal riminese Giovanni di Marco, medico di Malatesta Novello e come lui appassionato collezionista di codici.
Quattordici manoscritti greci, acquistati molto probabilmente da Malatesta Novello a Costantinopoli, sette ebraici e altri donati al Novello, più qualche codice aggiunto nei secoli successivi completarono la raccolta.
Lo scriptorium cesenate - che fu attivo per un ventennio e produsse oltre 120 codici - annoverò nelle sue fila alcuni dei più eleganti e prolifici copisti dell'epoca: fra essi Jacopo della Pergola, al quale il Malatesta affidò la trascrizione di opere di grande impegno,come lo splendido De civitate Dei di Sant'Agostino (D.IX.1) e ser Jean di Epinal, l'amanuense più attivo dello scriptorium malatestiano, la cui produzione comprende non meno di una trentina di codici, fra cui lo splendido "Commento al Vangelo di S. Giovanni" di S. Agostino.
Ogni manoscritto è contrassegnato da una sigla che si riferisce alla sua collocazione nella biblioteca: D o S per il lato destro o quello sinistro, un numero romano per indicare il relativo pluteo, un numero arabo che corrisponde alla posizione del codice nel pluteo.
Così, ad esempio, la sigla S.IX.3 sta a significare che il codice è collocato sul lato sinistro, nel nono pluteo, in terza posizione.
Ufficio stampa
Federica Bianchi